Oggi, otto anni fa, se ne andava Tullio De Mauro, senza preavviso. Ebbi la notizia mentre rientravamo in auto dalla Germania, in mezzo a una bufera di neve. E poco dopo mi trovai costretto a dire qualcosa in una trasmissione radio improvvisata per la triste occasione. Capivo a mala pena le mie stesse parole. In questi giorni, in un contesto ben diverso, anche culturale e politico, le sue posizioni in tema di educazione linguistica vengono da alcuni riproposte in termini fortemente polemici, quasi a farle responsabili dei problemi che oggi incontra l’insegnamento dell’italiano. Credo che “zio” Tullio, se avesse letto le obiezioni, avrebbe sorriso, con quel suo sorriso tranquillo, che tollera equivoci e incomprensioni (quando sono in buona fede) perché fanno parte della nostra natura, e anche delle nostre debolezze. Una dote che gli ho sempre invidiato (in mezzo a molte altre). In ogni modo, da antico alunno, sono lieto del fatto che tanti insegnanti e colleghi, testimoni diretti di quel che fu il magistero non solo scientifico ma anche didattico di De Mauro, si sono risentiti di un ritratto così improvvisato e fuorviante. Ci vorrà pazienza, come sempre, perché le cose raggiungano il loro equilibrio, anche in tema di consapevolezza storica. Nel frattempo, invito alla lettura (o rilettura) dei suoi scritti più noti sul tema della educazione linguistica, sottolineando l’aggettivo – molto caro a TdM – che chiude il titolo: “democratica”.