Non saprei quale pensiero privilegiare tra i tanti che affiorano continuamente quando penso a Tullio e a quanto mi/ci manca. Forse ce n’è uno, personalissimo, che forse merita, a questo punto di essere condiviso. In momenti particolarmente bui della nostra storia recente, mi sentivo sopraffatta e soprattutto destabilizzata sul modo di affrontare il presente e guardare al futuro. Alla mia domanda, forse ingenua ma sincera, su come fare per “andare avanti”, una volta, mi rispose, passeggiando (e fumando) sul terrazzo della sua/nostra stanza di Villa Mirafiori con questa frase. “Non abbiamo altra soluzione che continuare a fare il nostro lavoro (studio, ricerca, insegnamento, impegno civile), come prima e, se possibile, più e meglio di prima”. Dopo anni e anni, nei momenti più duri, ripeto a me stessa queste sue parole. Che sembrano non avere molto a che fare con la lingua, la linguistica e tutte le altre scienze del linguaggio, ma sono invece un inno al nostro lavoro e al suo senso all’interno della società e delle società.